1878 – Giacomo Bugni

La filologia fa tesoro di forme e di voci per arricchire il linguaggio politico, diplomatico, del commercio, delle arti. La storia è appunto nei vecchi parlari in cui si rivela l’indole de’ popoli; e non sarà mai soverchia la copia di siffatti documenti, di che maravigliosamente abbondano i dialetti, a chi bene sa leggervi dentro.

Sicchè il Siciliano, il Napolitano, il Lombardo, il Piemontese, il Ligure, il Veneziano possano dirsi piuttosto lingue che dialetti: così varia e ricca è la loro lettararia suppellettile di cronache, di novelle, di commedie, di liriche, di epopee, scritte con tante grazie vive e natie, con tanti sali e spiritosità, con mille significanti scorci, motti, allegorie, allusioni, frizzi, tradizioni e pregiudizi perperuati per molti secoli, ch’è un piacere, un incanto, un’istruzione leggerli ed assaporarli.

Vedete in essi quanto varia e rigogliosa e splendida è questa vita del nostro popolo, che le cento generazioni di barbari in tanta copia piovuti sulla nostra terra, non poterono con che apegnere, nemmeno attutire; anzi essi barbari ne risentirono talmente gl’influssi, da trasformarsi, perdere il loro carattere ed impastarsi con esso.

Laonde la nuova Accademia Napolitana viene in degna guisa a giustificare la sua ragio di essere. Essa inoltre si prefigge il virtuoso scopo di restituire a corretta morale la plebe nostra, in ispezialità per mezzo delle rappresentazioni teatrali, dove è a desiderare che il popolo rida non per insulso ed ignobili scede, per lazzi indecorosi, per motti che suppongono lerci significati; ma venga a far parte ella garbata ilarità gustata dalle persone a modo, e applaudisca a sali, agli accidenti, a que’ tratti che hanno del lepido, del saporito, del grazioso.

Imitino dunque i Soci l’esempio di Virgilio, che dal fango di Ennio trasse l’oro: ed indagatori prudenti del sermone popolare, come fa l’ape, ne succhino le più vezzose immagino e ne ingemmino le loro scritture.
Così operando, si renderanno benemeriti non sono della città natale, ma ancora dell’Italia, dell’arte e dell’umanità, continuando e compiendo una missione eminentemente civile, iniziata già con tanto splendore da’ sapientissimi nostri padri, quando le città greche a’ piedi del Vesuvio con leggi dettate da Caronda e Catanea ottennero il primo posto, come dice il Mommsen, ed i loro popoli furono i primi promotori della civiltà greca in Italia.